Onorevoli Colleghi! - La situazione energetica italiana pone oggi delle questioni pressanti che non possono più essere eluse.
      Lo scenario attuale vede l'Italia al primo posto al mondo per dipendenza dall'estero, con una produzione energetica che deriva quasi esclusivamente dall'approvigionamento di gas naturale dalla Russia e dall'Algeria. Dopo l'abbandono del nucleare nel 1986, dalla dipendenza dall'olio combustibile siamo approdati alla dipendenza dal gas.
      La tendenza è in aumento nei prossimi due anni, con l'entrata in esercizio di tutti i repowering in costruzione, mentre la previsione per l'anno 2015 vede la produzione di energia da gas salire a quasi il 70 per cento del totale nazionale, surclassando le altre fonti combustibili. Rispetto al tema dei costi in campo energetico le nostre industrie pagano le bollette più alte

 

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d'Europa: 12,08 euro per 100 KWh nel 2006.
      L'Italia, inoltre, importa 50 miliardi di KWh elettrici l'anno da fonte nucleare d'oltralpe, rispetto alla Spagna che importa 2 miliardi di KWh annui, mentre la Francia ne esporta 66 miliardi.
      Un problema strutturale, quello italiano, destinato a peggiorare nel tempo e ad influenzare negativamente lo sviluppo del Paese, considerando, inoltre, che il carbone e il nucleare sono, rispettivamente, la prima e la seconda fonte di produzione di energia elettrica in Europa, e la seconda e la prima fonte negli Stati Uniti d'America.
      L'Italia non è neanche in classifica per quanto concerne il carbone ed è collocata all'ultimo posto per quanto concerne il nucleare. La diversificazione delle fonti per l'Italia è certamente la priorità.
      La nostra proposta organica, su cui speriamo si possa ottenere un largo consenso bipartisan con la consapevolezza che ogni progetto energetico, non solo quello nucleare, debba inserirsi in un piano nazionale condiviso. Non è ammissibile infatti che esso possa venire annullato ad ogni cambio di Governo o di legislatura, perché per sua natura ha bisogno di tempo per realizzarsi, ben oltre la vita media dei Governi italiani. A tal fine la nostra proposta di legge parte dalla realizzazione del piano energetico nazionale e delimita le competenze e gli obiettivi dello Stato e delle regioni, nell'ambito della Costituzione vigente, con il fine di responsabilizzare gli elettori lasciando a ciascuno la propria autonomia nel contesto più generale dell'interesse nazionale. Anche per questo la nostra proposta di legge tratta in modo organico tutte le fonti energetiche quali l'energia idroelettrica, geotermica, eolica, solare e delle biomasse, meccanica, termica, elettromagnetica, chimica e nucleare, senza alcun pregiudizio ideologico, ma solo sulla base delle compatibilità economiche, sociali e ambientali.
      Si presenta infatti come necessario l'avvio di un nuovo interesse politico per il nucleare, contrastando l'ostracismo culturale che questo settore ha subìto dal 1986 ad oggi.
      Il nucleare, a livello mondiale, sta vivendo una fase di forte sviluppo: Germania, Svizzera e Svezia stanno rivedendo la decisione di abbandonare il nucleare, la Francia ha avviato un nuovo programma di costruzione, la Finlandia sta costruendo la quinta centrale, la Polonia si doterà della prima centrale entro il 2021, l'Inghilterra ha recentemente annunciato che verrà programmata la costruzione di altri nuovi reattori nucleari.
      La Russia si doterà di 40 nuove unità nei prossimi venticinque anni, la Cina costruirà 40 nuovi impianti entro il 2020, in Canada si parla dell'installazione di 12 nuovi impianti, la Turchia, il cui programma di sviluppo energetico passa per la costruzione di 3 centrali nucleari entro il 2014, sta vagliando attraverso il Ministero dell'energia otto offerte provenienti da Russia, Giappone, Corea, Cina, Canada e Francia.
      Alleati di questo nuovo sviluppo sono il basso costo della produzione energetica, la volontà di affrancamento dalla dipendenza dal petrolio, la necessità di rispettare i requisiti di Kyoto: se l'Italia oggi facesse ricorso al nucleare per una percentuale pari alla media europea di circa il 30 per cento, le emissioni italiane sarebbero inferiori di 40 milioni di tonnellate all'anno rispetto a quelle odierne.
      In Italia dopo le scelte referendarie del 1987 abbiamo perso gran parte delle competenze e delle tecnologie di cui eravamo leader a livello mondiale prima del referendum, tanto che le aziende in grado di operare nel settore si contano ormai sulle dita di una mano. Nella scorsa legislatura cancellammo uno dei requisiti che impedivano all'Ente nazionale per l'energia elettrica di operare all'estero, e attualmente l'ENEL, per accrescere la sua massa critica in Europa, nel suo piano di acquisizioni, sta investendo nei mercati dei paesi dell'est - in particolare nella Repubblica Slovacca e in Romania - e ha firmato con il gruppo EDF un programma che lo vedrà impegnato nello sviluppo del reattore EPR di Flamanville.
 

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      In Italia attualmente, purtroppo, la realizzazione di un impianto industriale, per la produzione di energia, per il trattamento dei rifiuti, o la progettazione di una grande opera civile di pubblica utilità determinano frequentemente opposizioni da parte del territorio. Oltre il 90 per cento degli impianti previsti in Italia subisce, infatti, contestazioni che causano enormi ritardi o bocciature dei progetti. Le conseguenze sono perdite economiche, tensioni sociali e incertezze. Che cosa si può fare per mettere sullo stesso piano progresso e tutela del territorio, interessi pubblici e privati, impresa e governo, sviluppo e sostenibilità? Questo è il cosiddetto principio Nimby. Con «Nimby» (acronimo derivante dall'inglese (not in my backyard, ovvero: «non nel mio cortile») si intende la sindrome di chi si oppone all'insediamento territoriale di impianti e infrastrutture. Un fenomeno che ha assunto proporzioni vastissime in tutto il mondo. Secondo i dati del Nimby Forum sono 190 le infrastrutture e gli impianti oggetto di contestazioni. Altro principio che spesso si accompagna al Nimby è il meno noto Nimg («not in my generation») il quale sostiene la netta opposizione a qualsivoglia opera strutturale o cambiamento nel proprio tempo, lasciando così ogni tipo di problema irrisolto per le generazioni future.
      Purtroppo questa cultura della deresponsabilizzazione è in Italia più diffusa che altrove, ma bisogna trovare la forza di contrastarla con azioni volte al superamento dei danni prodotti dai cosiddetti «effetti Nimby e Nimg», attraverso un'informazione corretta verso i cittadini per quel che concerne le trasformazioni e la programmazione del territorio nonché l'incentivazione degli enti territoriali che accolgono nel proprio territorio infrastrutture energetiche.
      Bisogna definire, quindi, una cultura della responsabilità, che abbia come linee direttrici i princìpi di autonomia e di responsabilità, una cultura che guardi al cittadino e al futuro e che renda possibile il corretto sviluppo energetico del Paese secondo quanto indicato dalla Commissione europea nel rapporto Limiting global climate change to 2o Celsius: The way ahead for 2020 and beyond, nella stesura del quale si è posto l'accento proprio sulla necessità che gli Stati utilizzino in maniera responsabile ogni forma di energia.
      Sappiamo bene che la strada è irta di ostacoli, perché in Italia vi è ancora una forte pregiudiziale ideologica falsamente ecologista, ma che solo in questo modo sarà possibile ripartire da subito sulla ricerca nucleare, soprattutto di quarta generazione, consentendo al nostro Paese di partecipare in modo attivo e responsabile ai piani di ricerca internazionali, recuperando così al più presto possibile le risorse umane e scientifiche che venti anni fa ci vedevano all'avanguardia nel mondo e che in questi decenni sono state purtroppo disperse.
      La presente proposta di legge è composta da tredici articoli, che si procede ad illustrare:

          l'articolo 1 illustra e promuove l'uso appropriato delle fonti energetiche, la cultura del risparmio energetico e la sostituzione delle materie prime d'importazione tramite la realizzazione di nuovi impianti nucleari;

          l'articolo 2 definisce gli obiettivi che il Governo deve fissare con il prossimo piano energetico nazionale. Stabilisce, in particolare, che entro il termine di venti anni lo Stato deve raggiungere l'autonomia nella produzione energetica, pari ad almeno il 50 per cento del consumo nazionale;

          l'articolo 3 conferisce allo Stato la responsabilità per il fabbisogno energetico attraverso il nucleare, mentre alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano affida la competenza all'utilizzo delle altre forme di energia per una copertura pari al 20 per cento del fabbisogno energetico nazionale. Definisce, inoltre, che vi sia un accordo tra Stato e regioni e province autonome per un'equa suddivisione del carico energetico tra le regioni e le province autonome che devono, attraverso piani energetici armonizzati, garantire

 

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il raggiungimento del carico energetico di loro competenza;

          l'articolo 4 identifica nel Governo il soggetto che si occupa dell'individuazione preventiva dei siti destinati agli impianti nucleari. Stabilisce, inoltre, che l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) aggiorni l'atlante dei siti suscettibili di accogliere impianti nucleari;

          l'articolo 5 prevede la necessità di una particolare autorizzazione per la costruzione e per l'esercizio di impianti di produzione di energia nucleare. Tale autorizzazione è concessa con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la regione o con la provincia autonoma interessata;

          l'articolo 6 definisce la procedura per il rilascio dell'autorizzazione. Il soggetto richiedente presenta la richiesta al Ministero dello sviluppo economico e, per conoscenza, ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute, alla regione, alla provincia e al comune interessati, nonché all'APAT.
      L'istruttoria deve in ogni caso concludersi entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza.
      L'APAT è il soggetto incaricato di vigilare sulla costruzione dell'impianto e sul rispetto delle prescrizioni indicate nel decreto di autorizzazione;

          l'articolo 7 prevede che sia il Ministero dello sviluppo economico, sentiti l'APAT e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ad approvare l'istanza del richiedente e la documentazione da lui presentata per l'avvio dell'impianto.
      Il Ministero dello sviluppo economico deve altresì emettere la certificazione di avvenuto collaudo qualora esso abbia esito positivo;

          l'articolo 8 stabilisce la garanzia dai rischi e la copertura assicurativa per i rischi di carattere catastrofico, economico e commerciale che potrebbero verificarsi durante l'esecuzione dei lavori volti alla realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica;

          l'articolo 9 prevede speciali misure di incentivazione da assegnare a nuclei familiari, individui e imprese residenti in comuni che ospitano impianti di produzione di energia nucleare ad uso civile;

          l'articolo 10 identifica nel Ministero dello sviluppo economico, attraverso la commissione tecnico-scientifica già prevista dall'articolo 2 del decreto-legge n. 314 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 368 del 2003 (la cui composizione viene modificata), il soggetto che individua il sito del deposito unico nazionale per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi di II categoria e per lo stoccaggio dei rifiuti di III categoria;

          l'articolo 11 prevede che ogni regione o provincia autonoma debba ospitare almeno un impianto, un'infrastruttura o un'opera di interesse nazionale necessaria per l'approvvigionamento energetico. Tali impianti e infrastrutture e le relative opere sono allocati nelle regioni e nelle province autonome di Trento e Bolzano tenendo conto della connotazione geopolitica, storica e della dimensione della regione interessata.
      Per i comuni e per le province che ospitano impianti, infrastrutture e le relative opere sono previsti appositi contributi e compensazioni;

          l'articolo 12 prevede adeguate procedure sostitutive per risolvere le situazioni di impasse amministrativa laddove le intese previste in sede decisionale non vengano raggiunte;

          l'articolo 13 reca la copertura finanziaria necessaria per l'attuazione della legge.

 

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